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Le mie recensioni

CABIN FEVER 3-PATIENT ZERO, BY KAARE ANDREWS (2014)

CabinFeverPatientZeroQuando mi avvicino ad un sequel o prequel parto sempre con il minimo delle aspettative. E così è stato, pur attendendolo da tanto, con “Cabin Fever3-Patient Zero”, prequel appunto del più splatter tra gli epidemic movies : “Cabin Fever”, realizzato nel 2002 dall’allora esordiente Eli Roth, regista che ha poi trovato la sua consacrazione, a Hollywood e nel Mondo, grazie al cult “Hostel”, a lungo al primo posto al Box Office. Invece devo dire che ne sono rimasta sorpresa perchè si è rivelato migliore di quel che prometteva il trailer: la celebrazione di un branco di giovani idioti durante la solita vacanza-ammazza-tutti! Sia chiaro: i ragazzi bellocci-ma-stupidi ci sono, così come la vacanza, in questo caso per un addio al celibato, ma per fortuna il film riesce anche ad avere dei punti a favore, che ho apprezzato. Ma facciamo un passo indietro. “Cabin Fever” racconta le disavventure di cinque universitari, che decidono di trascorrere qualche giorno lontano dalla città, in un cottage nei pressi di un lago. Ma a rovinare l’aria vacanziera ci penserà un terribile virus di origine sconosciuta, che ben presto scatenerà i suoi drammatici effetti contagiosi (tra i quali pustole infette, necrosi e scarnificazione) e li costringerà a lottare contro una morte rapida quanto atroce. Niente di trascendentale, ma Roth dimostra di “stare sul pezzo” e di essere un esperto conoscitore dei meccanismi e topoi del genere. Forti sono infatti i richiami all’horror anni ‘70 ed alle sue caratterizzazioni gore (non per niente il film vede come produttore esecutivo il Maestro David Linch, mica Pinco Pallo), per quanto la pellicola non si distingua dalla massa dei tanti teen-movie girati con quattro soldi. Eppure è stato campione di incassi del 2003, tanto che la Indomina Group ne ha acquistato i diritti e si è impegnata a realizzare non uno, ma addirittura due prequel, vista la richiesta insistente da parte dei fans della saga, sparsi in tutto il mondo. Il primo dei quali è proprio “Cabin Fever 3- Patient Zero”, col compito di svelare la genesi del misterioso morbo e la cui regia è stata affidata al canadese “Kaare Andrews”, alla sua seconda prova dietro la macchina da presa. Come anticipato, la storia inizia con un addio al celibato tra amici, da festeggiare con alcool e droga in abbondanza, su un’isola della Repubblica Domenicana che si crede deserta, non comparendo sulle cartine geografiche, ma che invece cela orrori inimmaginabili. Quella che doveva essere una notte brava si trasformerà nel peggiore degli incubi. A parte qualche scena surreale e involontariamente (o volontariamente) comica, qualche forzatura di sceneggiatura e l’assoluta assenza di approfondimento psicologico dei protagonisti (chiudiamo anche un occhio sulla diffusa tendenza a voler inserire nel copione playmate tutte curve al posto di donne normali), l’ho trovato migliore del capitolo due (“Cabin fever2: spring fever”, rinnegato persino dal regista, Ti West), con un finale quasi geniale, che culmina con il mostrare, con lo scorrere dei titoli di coda, alcuni retroscena in rewind che spiegano passaggi fino a quel momento volutamente  non raccontati,  e che conferisce al personaggio della “cavia” da laboratorio immune al virus, il “paziente zero”,  interpretato da uno Sean Austin appesantito dall’età ma sempre molto espressivo (chi non ricorda il mitico Mickey dei Goonies??),  il ruolo di vero protagonista ed anti-eroe. Ed è proprio il suo personaggio a rappresentare la ragione principale per cui vedere questo prequel. L’epilogo, perfettamente riuscito ed aderente a quel che richiede questo filone, dà quindi un altro punticino al film, a differenza di alcuni horror ben fatti che però, a causa di un finale frettoloso o, peggio, banale, lasciano insoddisfatti. Un film godibile, dunque, con effetti speciali credibili ed una buona fotografia, al cardiopalmo quanto basta, magari non originalissimo (laboratori ubicati su isole deserte con mad doctor che creano virus letali sono vecchi come il cucco) ma che regala momenti di puro terrore misto a divertimento, nonché più di un sussulto e brividino sulla schiena (e se ha fatto gelare il sangue nelle vene a me, che sono “vaccinata”, fidatevi). Chiedere di più, in questi tempi di magra, è forse troppo, quindi mi sento, nonostante tutto, di promuoverlo, considerando che di teen horror fatti bene ne circolano davvero pochi. Per ora gira solo sottotitolato sul web.