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Le mie recensioni

EDEN LAKE, BY JAMES WATKINS (2008)

1245936-b Il bullismo è divenuto ormai una realtà incontrollabile, soprattutto nell’era delle tecnologie digitali, sempre a portata di un click, che amplificano ed estendono il fenomeno sociale ad ogni angolo del Terra.

Partito dagli Stati Uniti, si è diffuso a macchia d’olio anche in Europa, inizialmente nel Regno Unito, per poi coinvolgere diversi Paesi, non ultima l’Italia, dove, proprio di questi giorni, è la notizia di un quattordicenne con problemi di peso, vittima di un brutale atto di violenza,  compiuto per “gioco” e  con una leggerezza che sconcerta.

Questa, come altre vicende di cronaca nera che denunciano casi simili,                              turbano ogni volta nel profondo e lasciano sempre più basiti per la sconsideratezza con cui vengono commessi gli abomini peggiori, e per la sfacciata noncuranza delle loro conseguenze.

Siamo lontani dalle scazzottate del noto romanzo “Cuore”, quando i ragazzini risolvevano i loro conflitti azzuffandosi nel cortile della scuola, per poi stringersi la mano e tornare a rapporti civili e rispettosi.

E non può non tornarmi alla mente una bellissima pellicola britannica di cinque anni fa, ma così maledettamente attuale, che mi ha tenuta incollata allo schermo e sveglia fino all’alba, lasciandomi pietrificata, come sanno fare soltanto quei film dal realismo feroce e spiazzante.

“Eden Lake”, scritto e diretto dallo sceneggiatore inglese James Watkins, può definirsi un survivor vecchio stile, attualizzato e rielaborato in chiave moderna, che si distingue dai suoi predecessori per la ricchezza contenutistica.

Il film, infatti, è un chiaro omaggio ai survival degli anni ’70/80, con uno script piuttosto banale, riassumibile nelle disavventure di una coppia di sprovveduti che decide di appartarsi in piena campagna.

A minacciare la loro pace non sarà però il mostro lacustre o un cannibale che vive nel bosco, né un feroce serial killer di coppiette o il fantasma di una vecchia casa abbandonata.

Ma qualcosa di molto più inquietante, nella sua disarmante “normalità“.

Eppure, prima dell’arrivo dei due innamorati nella suggestiva cornice bucolica, le avvisaglie (per i protagonisti e lo spettatore più attento) non mancano: una trasmissione radiofonica in cui si informa di nuove norme governative, volte a punire i sempre più frequenti atti di vandalismo nelle scuole, bulletti in bici che, divertiti, tagliano loro la strada, la sosta in un bed&breakfast chiassoso,  gremito di genitori con figli pestiferi al seguito, il navigatore che indica loro di tornare indietro, un cartello che quasi li “allerta” su una “gated community” nei pressi del lago.

Jenny (Kelly Reilly) è un’amorevole insegnante d’asilo, felicemente innamorata di Steve,  classico Principe Azzurro (impersonato da Michael Fassbender), che, con tanto di anello di fidanzamento in serbo per lei, propone all’amata una fuga d’amore a contatto con la natura, sulle sponde dell’incantevole Eden Lake, prima che venga rimpiazzato da un complesso residenziale.

Quello che doveva essere un weekend romantico si trasforma, tuttavia, in un’escalation di violenza inaudita e di provocazioni e rappresaglie senza fine.

Giunti sul posto, infatti, mentre si lasciano andare a tenere effusioni, godendosi la pace del lago, i due vengono strappati dal loro idillio da un branco di teppistelli del posto, che comincia a provocarli con fare arrogante ed intimidatorio, fino a privarli dell’automobile, lasciandoli appiedati e isolati.

Nel tentare di affrontarli e di riappropriarsi del maltolto, Steve ucciderà accidentalmente il cane del capobanda, Brett, interpretato da un Jack O’Connel dotato del viso più giusto per la parte, con quell’aria da spaccone, di chi non ha ricevuto mai uno scappellotto quando era necessario (o che forse ne ha presi troppi, imparando unicamente il linguaggio della sopraffazione e della violenza).

Da questo momento inizia una serrata caccia all’uomo, fatta di inseguimenti e soprusi di ogni tipo, fino all’indimenticabile e straziante twist finale (magistralmente sceneggiato e girato), che raggela e apre riflessioni sul determinismo sociale e sull’attuale crisi di valori.

L’opera prima di Watkins sfrutta il genere horror per affrontare il problema della baby criminalità, molto sentito nel Regno Unito, per i  reati quotidiani che riempiono le cronache, e, lungi dal fornire soluzioni, ne fa un’analisi estremamente pessimista: non esiste redenzione né tantomeno salvezza.

Sul piano tecnico sono da segnalare i credibilissimi effetti speciali di Paul Heyett, la splendida fotografia di Christopher Ross, con le sue ambientazioni rurali e selvagge, che da paradisiache mutano velocemente in un labirinto ostile che non lascia scampo, e naturalmente la regia, che grazie ad efficaci movimenti della mdp e ad una impeccabile gestione della violenza (quasi sempre fuoricampo e quindi ancora più da brivido), regala allo spettatore una tensione costante (molto difficile da realizzare quando i carnefici sono noti), accresciuta dallo spessore dei personaggi, tutti straordinari ed egregiamente caratterizzati.

Il regista ci offre l’istantanea di una generazione amorale, irriverente e ineducata, che non teme gli adulti ma, anzi, li sbeffeggia e li sfida, incurante di ogni forma di rispetto e senza un briciolo di empatia e umana pietas.

Dietro la maschera del survival per adolescenti, bramosi di scene di sangue a profusione, su cui sghignazzare, vi è un dramma lucido e spietato, dalla forte connotazione sociale e politica,  un potentissimo atto di accusa contro la sempre più diffusa tendenza dei genitori a crescere i propri “bambini” senza regole e con esagerato permissivismo, salvo poi ritrovarsi dei “mostri” di cinismo e sprezzo per la vita, da difendere e giustificare ciecamente, anche quando si rendono colpevoli dei più deplorevoli atti criminosi, perché, dopotutto, son sempre i loro “piezz e core”

Premio Speciale della giuria a Sitges, “Eden Lake” ha fatto incetta di altri meritatissimi premi (otto in totale), tra cui quello di Miglior Attore Non Protagonista, assegnato al talento in erba Jack O’ Connel, e quello per la Miglior Regia, nel corso dell’International Fantasy Film Award, nonché  l’ambito riconoscimento di Miglior Horror agli Empire Awards 2009.

Consigliatissimo per meditare sulla genesi di un Orrore che non si può più ignorare e che ci riguarda tutti, perché insediato tra le pieghe del nostro tessuto sociale.

Di Eliana Romano

Una citazione per auto-definirmi?"Scomoda sì perché non so tacere mai!" Appassionata di Cinema sin dall'infanzia (in particolare di quello indipendente e dei sottogeneri weird, survival, revenge, slasher, drama-horror, thriller, horror sci-fi, home invasion, mokumentary ed epidemic movie) non ho potuto fare a meno di creare anch'io un mio blog in cui esprimere la mia su un genere in Italia bistrattato dalla distribuzione ma che fa sempre nuovi proseliti. Se avete voglia di venire a conoscenza degli horror mai distribuiti ma disponibili on line, questa è la pagina che fa per voi, visto che sono un'esperta nello scovare quelle piccole perle cinematografiche snobbate dai più ma che meritano almeno una visione. Ma troverete anche qualche stroncatura cattivella, perché di horror mal riusciti, che sfiorano il ridicolo, ce ne sono in abbondanza... Mi sembra doveroso concludere, per non prendere troppo sul serio questo e altri blog con lo stesso intento, con questa sacrosanta verità: "Per molti versi la professione del critico è facile. Rischiamo molto poco, pur approfittando del grande potere che abbiamo su coloro che sottopongono il loro lavoro al nostro giudizio. Prosperiamo grazie alle recensioni negative, che sono uno spasso da scrivere e da leggere. Ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare è che, nel grande disegno delle cose, anche l'opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale. (Anton Ego) Enjoy!

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