Ormai la mancata distribuzione italiana di un horror è garanzia della sua validità. Non fa eccezione a questa “regola aurea” l’esordio alla regia dell’australiano Sean Byrne, che sforna un torture movie tra i più interessanti dell’ultimo ventennio. Dopo le saghe di successo Wolf Creek e Saw, il Cinema australiano ci regala un nuovo sadico serial killer, stavolta in gonnella.
Il regista sfrutta un tema molto amato, il ballo di fine anno, raccontandolo in chiave horror.
La storia ruota intorno a Brent (a cui Xavier Samuel presta il viso d’angelo), un giovane introverso ed autolesionista, tormentato dai sensi di colpa per aver perso il padre in un incidente stradale di cui è responsabile.
Non sa che qualcuno, a scuola, ha puntato gli occhi su di lui e lo ha scelto come accompagnatore della tanto attesa serata danzante: la dolce e impacciata Lola (una Robin McLeavy giustissima per la parte), che timidamente lo invita all’appuntamento dei suoi sogni.
Il ragazzo, ignaro di trovarsi di fronte ad una sociopatica tra le più efferate, declina gentilmente l’invito, perché già impegnato con la fidanzata Holly, unico suo motivo di conforto. In quel preciso istante firmerà la sua condanna ad una notte di sevizie e perversioni nella casa degli Orrori.
L’indomani, infatti, durante un momento di pausa da una sessione di “climbing”, Brent viene stordito e sequestrato dal padre della sua ammiratrice e da quel momento dovrà fare i conti con una famiglia disfunzionale, che allestirà per lui un “prom night” privato molto particolare…
Sordido, folle, grottesco, malato: The loved ones è una chicca da non lasciarsi sfuggire, a cui non manca veramente nulla per soddisfare ogni palato: dalle torture più fantasiose ai colpi di scena che rimescolano le carte in tavola; da una carrellata di incredibili personaggi (indimenticabile la madre lobotomizzata e tenuta in casa come un vegetale) al twist finale di effetto; dalle scene che mostrano apertamente a quelle solo suggerite e fuori campo; dalla morbosità tipica dei redneck horror al sarcasmo della black comedy; il tutto dosato con gran maestria e abilità.
Innumerevoli le sequenze “da manuale”, quelle che lasceranno estasiati gli “horrorofili” più esigenti, che adoreranno le strizzatine d’occhio agli anni d’oro della Cinematografia Horror (Carrie, Misery, Non aprite quella porta, per citarne solo alcuni) e il sempre riuscito connubio tra ironia e splatter, carta vincente della pellicola.
Divertenti sono anche le scene off topic incentrate sui siparietti del goffo Jamie (Richard Wilson) e della dark Mia (la sexy Jessica McNamee), che permettono di smorzare la tensione delle scene più gore e con le quali Byrne fa il verso ai film adolescenziali americani anni ’80.
I protagonisti tuttavia, seppur giovani, non sono superficiali e mono-neuronali, come negli horror teen americani, ma hanno un vissuto e personalità ben tratteggiate e definite. Mattatrice indiscussa è però Robin McLeavy, capace di bucare lo schermo e di reggere tutto il film anche solo con un battito di ciglia.
Sono sicura che ricorderete a lungo Lola, personaggio che entra a buon diritto tra i villains più cattivi della Storia del Cinema. Ma, paradossalmente, non potrete fare a meno di amarla, per quelle sue faccette spassose e per il suo mondo lezioso, tutto rosa shocking&glitter. Soprattutto il pubblico femminile proverà quasi tenerezza per lei: quante hanno sognato di conquistare il “bello e dannato” del liceo e, magari, hanno ricevuto un due di picche, sprofondando in un vortice di insicurezza?
La fotografia pop di Simon Chapman è semplicemente perfetta, con nulla di lasciato al caso o di non a fuoco (la messa in scena é impeccabile), e valorizza la lodevole prova registica di un giovane esordiente che, sono pronta a scommettere, farà ancora parlare di sè.
Da segnalare infine la colonna sonora straordinariamente diegetica, che alterna musiche heavy metal a brani melensi, come la nenia-tormentone “Not pretty enough” (non abbastanza carina), in cui c’è tutto il disagio adolescenziale di Lola.
L’opera, girata in sole 5 settimane e con un budget limitato, ha partecipato a numerosi Festival e Rassegne, tra cui il Toronto Film Festival, che gli ha assegnato il Cadillac People’s Choice Award, nella sezione Midnight Madness, e il Torino Film Festival, dove ha riscosso notevole successo.
“The loved ones” riesce in quello in cui molti torture porn di nuova generazione falliscono: rappresentare quella sottile ma perturbante violenza psicologica, prima ancora che fisica, che si insinua tra gli incubi più reconditi di ciascuno di noi, e che ci rende emotivamente partecipi al dolore del protagonista e quindi vulnerabili.
Consigliatissimo a chi è un amante del puro divertissment, ma colto e di qualità, e anche a chi crede, a torto, che il filone famigliole perverse non abbia più nulla da raccontare.